Piccoli miracoli d’autore


Piccolo Miracoli D'AutorePaolo fa il commesso in un megastore di arredamento tipo Ikea. E’ stato lasciato dal suo compagno Mario, per un altro uomo, con cui provare a realizzare i suoi sogni “domestici”. Una sera, in un locale gay, Paolo incontra Mia, giovane donna incinta che gli cade letteralmente tra le braccia e finisce in ospedale. Suo malgrado, Paolo si farà carico di Mia e cercherà di riportarla a casa, intraprendendo un viaggio che porterà entrambi alla scoperta di se stessi attraverso l’Italia del presente.

Una domanda attraversa tutto il film di Fabio Mollo, Il padre d’Italia, nelle sale dal 9 marzo scorso, e viene rivolta spesso dal protagonista Paolo (Luca Marinelli), giovane commesso omosessuale di un negozio d’arredi “pret a proter” formato famiglia, a Mia (Isabella Ragonese), la donna “perduta” e fuori dagli schemi che inaspettatamente gli ruba il cuore: chi è il padre? Ma seguendo lo sviluppo di questa toccante storia di amori anticonformisti non necessariamente capaci di stare dentro classiche definizioni di genere (inteso come genere sessuale, ma anche genere cinematografico), chi è il padre non è poi così importante, se per padre s’intende unicamente quello biologico. La risposta implicita è che il padre è colui che ama, alleva, accoglie. Anche quando un figlio giunge inaspettato, o addirittura come in questo caso, quasi “ereditato” da un abbandono altrui.

Con una trama semplice, ma fortissima, perchè fatta di vite vissute e delle storie reali che possono costellare la quotidianità delle nostre vite attualmente, una storia di omosessualità non completamente accettata, di genitorialità sconosciuta e temuta (per via di abbandoni intergenerazionali non superati), di pregiudizi, sogni, bisogni e soprattutto tanta solitudine, Fabio Mollo, regista calabrese al suo secondo lungometraggio, dà prova egli stesso , insieme ai suoi attori, di un grande coraggio. Il coraggio di raccontare piccole grandi verità senza necessariamente far leva sul sentimentalismo utilitaristico, ma sollevando il suo film da ogni dubbio di ammiccamento, grazie alla straordinaria sincerità degli intenti e dei suoi attori.

In una intervista Mollo ha confessato di aver avuto come forte riferimento, mentre girava, il capolavoro di E. Scola, Una giornata particolare, per la rappresentazione di “quei due esseri umani capaci di superare, e in quegli anni, ruoli così definiti”.

I protagonisti de Il padre d’Italia, intraprendono un viaggio lungo un continente da Torino a Reggio Calabria passando per Roma e Napoli per superare se stessi, Paolo per accettare il suo sogno inconfessato, quello di voler essere padre pur essendo gay, e Mia riconoscendo il suo bisogno di fare affidamento su qualcuno oltre che su se stessa e dimostrando la propria generosità, in una vita tacciata di totale egoismo, con il gesto più estremo, quello di “regalare” un figlio a chi lo desidera davvero con tutto il suo cuore. Il film, così come la bimba che nasce, Italia, è un piccolo miracolo: perchè se ogni miracolo per definizione è contronatura, anche la pellicola che vorrebbe essere un roadmovie in realtà della strada ha molto poco e fa piuttosto intravedere un fortissimo attaccamento alle tradizioni nostrane (l’abito bianco per le nozze, la festa per la cresima come luogo per ritornare in famiglia, le tradizioni culinarie, la “briscola” con la nonna, il bagno al mare) tanto più apprezzate in quanto rilette in chiave moderna, con una punta di ironia o di critica anche (come nella scena in cui la coppia indossando abiti fiorati e demodè sfila per il paesino calabrese sotto gli sguardi attoniti e di disappunto dei concittadini) , ma sempre rievocate con affetto. Nelle bellissime scene girate in Calabria (come ha dichiarato il regista stesso) l’impossibile diventa possibile e il paesaggio si personalizza, perchè andando verso sud i due personaggi si svelano e si trovano.  Un dato è quello che forse più commuove nella visione del film, ed è il viaggio attraverso la solitudine di due esseri umani, che dandosi la mano la prima volta da perfetti sconosciuti, riescono a stabilire un rapporto, di qualsiasi natura esso sia (non necessariamente vincolato a definizioni tradizionali), sconfiggono le reciproche barriere di incomunicabilità e si donano al prossimo, senza snaturarsi. Se questo non è amore.

Una storia viene sempre scritta in un momento o per un particolare motivo, questa storia trasmette un’urgenza specifica . L’ho scritta ancora prima del mio primo film quindi tanto tempo fa ma si è poi concretizzata solo dopo perchè è un film difficile, e aveva bisogno di un regista più maturo. Il film parla del momento delicato in cui si smette di essere figli e si diventa genitori , con una genitorialità che non si basa solo su un legame genetico, ma va al di là delle etichette e si basa su un rapporto di amore. Per raccontarlo ho sfidato le esigenze narrative della trama mettendo la telecamera su due attori in viaggio, tutto qua.”

E così che Fabio Mollo riesce a farci amare appassionatamente i due eccezionali interpreti del suo film, un Marinelli più introspettivo del solito di fianco ad una esplosiva ed eccentrica Ragonese dai capelli rosa e tatuaggi, con una serie di soggettive intense e strettissime, che ci aiutano a dimenticare qualsivoglia forma di pregiudizio e ci invitano a tuffarci senza paracadute in una storia nuova, tanto vera e possibile quanto così umanamente imperfetta.

Isabella Ragonese