Gli 80 anni di Celentano e la re-visione del suo cinema comico

Ha compiuto ottanta anni il 6 gennaio il ragazzo della via Gluck, il Molleggiato, l’Adrianone nazionale, uno di quei rari esemplari di artista poliedrico (cantante, ma anche attore, regista, autore, presentatore televisivo) capace di collezionare successi strepitosi in più di un ambito artistico, senza cedere alle lusinghe della mediocrità, o almeno non così spesso. Ottanta anni di successi …e mentre l’artista è ancora impegnato nella lavorazione di Adrian, la serie tv realizzata con Milo Manara che dovrebbe andare in onda sulle reti Mediaset, il cofanetto musicale Tutte le migliori (duetti con Mina) è al terzo posto della classifica, e il digitale terrestre gli dedica una particolare retrospettiva “Adriano 80”, focalizzata appunto sulle sue commedie anni ’80.

Ed è proprio da qui che vorremmo prender spunto, dalle celeberrime pellicole di quel decennio (quasi tutte campioni di incassi), per dedicare il nostro tributo a questo grande personaggio della cultura popolare nazionale, facendo il punto sul suo personalissimo modo di fare cinema.

La sua filmografia si sviluppa nel corso di 33 anni (dal 1959 al 1992), 43 film , di cui 4 da regista e sceneggiatore, e collaborazioni con alcuni grandi nomi del cinema nostrano tra cui Lucio Fulci, Sergio Corbucci, Pietro Germi, Alberto Lattuada, Dario Argento, Pasquale Festa Campanile, Enrico Oldoini, il famoso cameo rock con Fellini ne La Dolce Vita, e i 9 film con la coppia Castellano e Pipolo tra quelli più noti (e bistrattati dalla critica), perché campioni di incassi, ma anche per l’elevato numero di visualizzazioni pro-capite (ci riferiamo all’abitudine di molti fanatici del genere B-movie con una reale passione, diremo quasi una fissazione, per Celentano, che li portava a rivedere a ripetizione alcune delle pellicole del Molleggiato fino a citarle a memoria).

Negli anni che vanno dal 1979/80 al 1992, Adriano sforna una media di 2/3 film all’anno, con incassi stellari che via via tendono a salire passando dai 2 miliardi e 463 milioni di Mani di velluto (1979) ai 14 miliardi de Il bisbetico domato (1980) fino al record dei 21 miliardi di lire totalizzati da Innamorato pazzo (1981), che sancirono definitivamente l’esistenza di un vero e proprio fenomeno cinematografico ribattezzato “Bisbetico Mania” dai critici di “Segnocinema”.

Ma quali erano le carte che il Molleggiato metteva sul tavolo per riscuotere questo straordinario successo? Indubbiamente possiamo affermare che Celentano (da bravo narcisista) fa Celentano in tutti i suoi film, e che il seme del suo personaggio, più volte ripreso e sviluppato, era già contenuto in Serafino (1968) di Pietro Germi, la prima grande chance cinematografica di Adriano: prima di allora, come scrive Aldo Fittante [Questa è la storia, Ed. Il castoro, 1997] “Adriano era soprattutto una Voce,… il pastore abruzzese…lo trasforma in un Corpo. Uno dei corpi più ‘frequentati’ (dal pubblico e dai produttori) del cinema italiano che va dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta”.

Il corpo di Celentano dunque è uno degli ingredienti non trascurabili del suo successo, perché questo corpo piace alle donne, è un corpo sinuoso ed in movimento, agile, scattante all’occorrenza vigoroso (vedi le numerose scene in cui Adriano solleva pesi mastodontici con estrema facilità come per es. in Bingo Bongo dove sposta una scultura marmorea per recuperare una lattina).

Un corpo sottolineato anche dal suo eccentrico e originalissimo modo di vestire “atemporale, premoda, fuorimoda, oltrelamoda” (Fittante) con pantaloni a zampa o scampanati, camicie con maniche larghe e a sbuffo (di gusto rinascimentale), magliette attillate e bene aperte sul petto per evidenziarlo insieme alla immancabile catenina col crocifisso appesa al collo. Colori vivi e sgargianti che nessuno avrebbe avuto il coraggio di abbinare, a parte Lui, e “magnifici esempi di stivali e stivaletti a ricoprire piedi ossessivamente ‘incorniciati’ e quasi sempre scelti per (s)tacchi suggestivi… ‘Inquadrami i piedi’ è uno dei comandi preferiti da Adriano rivolto a cameramen e registi”.

Un corpo desiderato e desiderante (nei suoi film perennemente innamorato di donne bellissime: Ornella Muti, Eleonora Giorgi, Federica Moro, Carole Bouquet, Corinne Clery,  Edwige Fenech etc. etc.), dunque carico di una valenza sessuale ed edonistica che era perfettamente in linea con il contesto socio-culturale emergente in quegli anni (soprattutto grazie al contributo del mezzo televisivo) e sottolineava la “fame di piacere” da cui era investito tutto il nostro Paese.

Come spiega Fittante “Il cinema italiano degli anni ’80 è un figlio della televisione…ed è proprio vero, malgrado la quasi totalità dei critici consideri il Molleggiato un vero ignorante, il gioco da lui scelto per proseguire in altre forme ciò che aveva iniziato nei primi anni Sessanta ha a che fare con la contaminazione dei generi e modi di comunicare”.

Una forma di comunicazione intermediale dunque è quella messa in atto dal Molleggiato che seguendo la sua ispirazione artistica pratica una continua fusione dei linguaggi, saltando dalla musica alla televisione, dalla televisione al cinema e poi di nuovo alla musica. Dai suoi film scaturiscono colonne sonore di successo, da Bingo Bongo il pezzo Uh…Uh… resterà nella classifica dei singoli più venduti per tutto l’anno…e verrà poi scelto come sigla del programma televisivo Discoring; traboccano di esilaranti numeri musicali, celebre la serenata alla Muti con una parodia di Largo al factotum in Innamorato pazzo; citazioni che strizzano l’occhio al cinema contemporaneo: l’icona di Bud Spencer aleggia per esempio in Mani di velluto dove il maggiordomo di Adriano è John Sharp il cattivo di Altrimenti ci arrabbiamo, film di cui i due guardano una scena insieme, e in Bingo BongoAdriano esibisce la capacità “magica” di accendere una sigaretta con il pollice e l’indice proprio come faceva Bud in Uno sceriffo extraterrestre…nel 1979.

Ma il riferimento è anche a grandi classici del cinema: con il doppio omaggio a King Kong contenuto in Bingo Bongo, o la citazione pasoliniana da Uccellacci e uccellini nelle scene in cui Adriano parla con i passerotti , sempre in Bingo Bongo, o con i corvi nel Bisbetico domato, o ancora la rivisitazione in chiave più ‘demo’-cratica di Vacanze Romane esibita da Innamorato pazzo, film in cui un Adriano autoferrotranviere porta a spasso per le meraviglie di Roma la bellissima principessa Ornella Muti a bordo di un bus ATAC, anziché su di una Vespa Piaggio.

Per ognuna delle commedie che Celentano interpreta negli anni ’80 c’è alla base una storia d’amore, un qualche ostacolo da superare, e nel finale un prevedibile happy ending. Nello sviluppo della trama spiccano le fantasiose abilità magiche o superomistiche del Celenta, e le sue immancabili lezioni di vita (quelle che spesso gli hanno attirato addosso gli strali della critica e le accuse di qualunquismo), lezioni come quella di Innamorato pazzo dove con un monologo Adriano, seduto a tavola con diplomatici di tutto il mondo, esprime a pieno quel Celentano pensiero che si sarebbe manifestato ancora più chiaramente nei futuri monologhi televisivi: “Lei è anche un esperto di politica internazionale? No, ma il ragionamento tante volte mi coinvolge anche in cose che non dovrei sapere e così, ragionando, scopro che a volte capisco meno di quelli che ne sanno di più. Che però in questo caso ne saprebbero meno, in quanto io ne so il doppio…”.

Probabilmente il segreto della simpatia che Adriano riscuote tra il pubblico risiede anche in questa sua capacità di autorappresentarsi, impudentemente, come “un ignorante che la sa lunga” un po’ su tutte le materie. Anche se i temi a cui si dedicherà di più saranno sempre due: l’esistenza di Dio e l’importanza di rispettare la Natura. Dio è così importante per Adriano che con Joan Lui (1985) si lancerà in una interpretazione metaforica di Cristo che lo porterà a scimmiottare il Salvatore nel tentativo, come sancì A. Farassino nella sua critica del film, di dar luogo ad “un Jesus Christ ancor più Superstar, un colossal comico-teologico-morale, un Nuovissimo Testamento in edizione accresciuta e aggiornata con capitoli dedicati  alla politica, al terrorismo, alla droga, alla televisione etc. etc.”.

Il surreale discorso portato avanti da Adriano nei suoi film trova un appiglio ed una convalida nell’uso e nella rappresentazione di un tempo dilatato, come spiega ancora Fittante, “i tempi – nelle sue canzoni, nei suoi film, nelle sue performance televisive – (non) rispettano i tempi . Sono dilatati, ricreati, manipolati; frenati o bloccati, fermati. In fondo che cosa rappresenta un rallenty un’accelerazione per un regista  o il rock (il funky, il blues…) per un cantante o un musicista, o l’uso delle mille diavolerie di una videocamera se non l’illusione di eternizzare momenti che si considerano magici irripetibili? Allungare o restringere l’attimo fuggente. Il sogno segreto di ciascun artista”. E questo sogno nei film di Adriano diventa realtà per tutti gli spettatori. Nel momento in cui i personaggi di Adriano esercitano la loro speciale “magia” e, quando meno te lo aspetti, lui prende appunti vocali su un registratore a velocità aumentata (nel thriller soft narrato nell’episodio di Sing Sing chiaramente ispirato a Psyco), si lancia in un inseguimento automobilistico che procede all’indietro, sradica alberi e li trasporta come fossero piume, usa il rallenty o la sovrapposizione dei fotogrammi a scopo narrativo (Innamorato pazzo).

Soprattutto il duo Castellano e Pipolo con Celentano fu in grado di sfornare dunque dei clamorosi successi commerciali, Il bisbetico domato, Innamorato pazzo, Mani di velluto, Asso, Segni particolari: bellissimo, Grand Hotel Excelsior, Il Burbero e Sabato domenica e venerdì, al di là dei limiti ravvisati da tanta critica elitaria, sono film che ancora divertono e hanno qualcosa da dire sul fenomeno Celentano, sull’Italia degli anni ’80 e soprattutto su usi e costumi del nostro Paese negli anni in cui si viveva un costante dualismo tra paninari e colletti bianchi, comunisti e democristiani, maggiorate e mogli. Ed è già solo per questo che ci sentiamo di consigliarne caldamente una (re)visione.

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