Ciao Edison…

Per la carta stampata sarà una notizia poco allettante, una di quelle che si leggono uguali un po’ tutti i giorni, cambiando solo il nome del protagonista o il titolo in quinta pagina di cronaca “Homeless trovato morto”, “Morte in strada” .SI parlerà per qualche giorno della piaga dei senza tetto in città, si faranno proposte o promesse che non vanno da nessuna parte, e il giorno dopo la notizia insieme al suo nome finiranno nel dimenticatoio collettivo, nel tritatutto della velocità multimediale. Un nome, una vita, carta straccia buone per il rusco.
Stavolta mi piacerebbe che non fosse così, per questo voglio raccontarvi una breve storia
triste, certo l’epilogo lo conoscete già. La storia di come conobbi Edison, il “barbone” del quartiere Savena/Mazzini. Lo scorso inverno, a inizio dicembre, finì sui giornali un altro episodio di clochard trovato morto su un Bus della linea 25.
La notizia mi turbò alquanto, per fortuna non sono ancora insensibile a questo genere di cose, ma in particolare fui turbata…perchè temetti che si trattasse dell’homeless che da un
po’ seguivo con lo sguardo. Un uomo che aveva preso la sua residenza sotto il cielo all’incrocio tra via Mazzini e Pelagio Palagi, proprio al semaforo dove ogni giorno passo per andare a lavorare. Faceva freddo a dicembre ed ebbi paura che l’uomo trovato sul Bus
potesse essere lui, perchè era da un po’ di giorni che non lo vedevo in giro, e il suo giaciglio fatto di coperte e piumoni non era allestito come ogni sera, dalle 20 in poi. Così attesi. Chiesi pure informazioni alla Associazione Piazza Grande per scoprire se Lui fosse ancora vivo.
Ma pareva che nessuno lo conoscesse. Un bel giorno, dal nulla, rispuntò al suo semaforo.
Alto, gambe magre, con una bella pancia grossa e una lunga e curata barba bianca che lo faceva somigliare a un Babbo buono. La mattina che lo vidi di nuovo nella sua postazione in strada, fui così contenta, che mi fermai a parlare con Lui. Mi disse di chiamarsi Edison
(certamente un nome d’arte o di strada se preferite) e il suo accento dichiarava un’origine Toscana…gli raccontai di aver temuto per lui , non avendolo più visto e che mi sarebbe piaciuto offrirgli un pasto caldo ogni tanto, se non gli dispiaceva…gli raccontai pure delle
iniziative comunali a favore dei senza tetto per la distribuzione di coperte e posti letto e anche di pasti …così ci mettemmo d’accordo, mi disse che capitava spesso in quartiere che qualcuno si fermasse ad aiutarlo, ma nessuno gli aveva mai portato del cibo cotto in casa “a
domicilio”…e quella sera alle 20 gli servii la cena in strada : pasta al ragù e polpettoncini, con una birra (calda per ingannare il gelo di dicembre) e tutto il necessario per consumare il pasto in strada. Altre occasioni ci furono per salutarlo, o per tendergli una mano, portai pure i miei bambini a conoscerlo… speravo di poter costruire un rapporto nel tempo , magari una
fiducia…che scalfisse in qualche modo il suo rifiuto di tutto e tutti e di tornare alla vita “normale”. Oggi purtroppo è morta pure questa speranza. Tornando da lavoro, mi si è mostrato il triste spettacolo dei Carabinieri che recintano la sua zona di marciapiede col
nastro rosso e bianco. E il suo corpo per terra , avvolto dalle coperte della sua ultima notte.
Resta tanta amarezza per un epilogo così disumano. Se la scelta di vivere da soli fuori dal sistema è quanto meno comprensibile, quella di morire soli per strada in un giorno come un altro davanti allo sguardo impassibile di una città intera, è ancora più agghiacciante. Ciao Edison!

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