“Io non sono il mio corpo sono qualcos’altro…sono il buio e la luce nello stesso momento, esisto e basta”. Inizia con queste parole il bellissimo film documentario di Luca Magi Storie del dormiveglia, vincitore di una Menzione Speciale al 49° Visions du Réel International Film Festival e ora al Biografilm 2018, nato dalla quinquennale esperienza del regista come operatore nella struttura di accoglienza notturna per senza tetto Rostom, nella periferia di Bologna.

La pellicola scorre per 67 minuti in una estremizzazione formalmente perfetti, grazie all’approccio espressionista ottenuto dalla dialettica di luci e ombre, e dalle loro stesse ombre, grazie a fasci di luce netti e taglienti, emergono i profili più intimi e nascosti dei protagonisti. David, Paul, Leonardo, Alexandru, Fabio, “Gennarino”, Khteri, Assunta, Roxanna sono soprattutto voci, storie, ma anche persone. E prima ancora di questo, grazie alla luce “divina” che le illumina in questa pellicola sono anime: nonostante abbiano perso il loro ruolo, la funzione “produttiva” nel mondo, nonostante siano uscite fuori da ogni “sistema” di vita organizzata secondo canoni e regole prestabilite e socialmente accettate, restano anime vive e sognanti e come tali pulsano di una emotività nuova e dimenticata, quella su cui mette l’accento la magnifica fotografia del film. È una luce sacra quella che illumina i volti di questi uomini e queste donne dimenticati ai margini delle nostre società, colpevoli di non saper includere le vite scomode di chi non trova il suo posto nel mondo, il suo significato nella vita.

Eppure sono umane queste anime che vivono schiacciate da rabbia, senso di colpa, nostalgia di maternità negate, da una solitudine atavica e inguaribile.

“Ognuno di loro sta cercando qualcosa nella vita. Alcuni sono persi alcuni hanno perso così tanto in loro stessi che hanno smesso di cercare”. Il tempo del film e delle loro esistenze è scandito da centinaia di sigarette accese a ripetizione per ingannare l‘attesa. L’attesa di un futuro di un possibile riscatto, di un’ultima chance per tornare in sé stessi, alle proprie famiglie, ad una vita umana. Il tempo è dilatato in una bolla di buio permanente in una notte crepuscolare che sembra non finire mai. E nelle rare scene in cui da una finestra, da una porta, si affaccia la luce del giorno a dire che un nuovo presente è possibile, è ora, questa luce è accecante e intollerabile per gli occhi ormai impigriti dal buio. Il buio e la notte scorrono in un presente circolare. Alle spalle un indicibile passato, davanti le innumerevoli porte che sembrano restare irrimediabilmente chiuse o promettere una luce che non si aprirà davvero per chi le varca. “Siamo tutti soli, tutti persi – dice David – ma forse là fuori c’è qualcosa…è come aprire una finestra, fuori è buio pesto, ma se vuoi vivere devi saltare fuori da quella finestra”.

Il simbolismo degli spazi ci porta a percepire la sostanziale immobilità di questi esseri umani chiusi nella loro solitudine come in una galera autopunitiva. L’unico luogo concesso per sustanziare la propria umanità sembrano essere i sogni. Il dormiveglia è quel momento in cui si espandono le loro potenzialità umane, così come il sonno e il silenzio della notte li accomuna tutti, allo stesso modo per tutti sarà pur possibile un risveglio migliore, un buon giorno, un nuovo inizio. E ciò che li lascia vivere è la speranza seppur minima che sarà così. “Sperando di riposare e dimenticare i pensieri… passano i giorni i mesi gli anni e attesa dopo attesa ci ritroviamo ogni notte a sperare nel prossimo giorno”.

Si susseguono i primi piani e altri dettagli di sigarette, grossi nasi, profonde occhiaie, bocche sdentate, rughe come solchi, segni del tempo passato per strada, delle sofferenze…col suo ritmo liturgico procede e si conclude Storie del dormiveglia al suono di un canto di voce sola che ulula alla luna come un fantasma, un lupo solitario il suo canto di solitudine sofferente. È difficile che la mente di questa gente riesca a cancellare certe ferite del proprio passato, è assai più facile per il mondo fuori, cancellare la loro esistenza.