Ricordando Ennio Fantastichini

La mia ferma intenzione è scrollarmi di dosso impegni e cure e darli a chi è più giovane così più lieve striscerò verso la tomba”. Con questi versi del Re Lear, portato in scena al Teatro Argentina con la regia dell’amico Giorgio Barberio Corsetti l’anno scorso, gli piaceva sottolineare la sua interpretazione di questo eroe shakespeariano non come uomo che abbandona, ma come un re che ha ancora un piglio guerriero, decide di abdicare, perché vuole solo avere una seconda adolescenza… più che avere la sindrome di Peter Pan lui è Peter Pan”.

E nessun altro meglio di Ennio Fantastichini avrebbe potuto impersonare questo sentimento di eterna giovinezza, lui che nel 2012, in una intervista rilasciata in occasione dell’uscita in DVD di Porte Aperte (Gianni Amelio, 1990), candidamente ammetteva: “La maggior parte degli attori spingono più lontano possibile il loro fanciullo interiore…io invece delle volte mi sorprendo tremendamente della mia fanciullezza e questo può far molto male visto che il mondo esterno ti considera un adulto (ndr all’epoca aveva 57 anni)”. 

Ennio Fantastichini nasce come attore cinematografico nel 1982 con il piccolo film Fuori dal giorno di Paolo Bologna, costato solo 35 milioni di lire, e girato con una piccola cinepresa con lenti hi-speed e pochissime luci aggiuntive per strada e nei bar tra i passanti, in pieno stile neorealista romano.  Nel 1985 è nel cast de I soliti ignoti vent’anni dopo di Amanzio Todini, sequel delle commedie di Monicelli e Loy del 1958 e 1959. Fu con il dittico di Gianni Amelio, I ragazzi di via Panisperna (1988) e Porte Aperte (1990) che venne però consacrato come attore di estremo rigore, in virtù anche dei premi che portò a casa con la seconda pellicola (Nastro d’argento come miglior attore non protagonista) in cui recita al fianco del suo maestro e mentore Gian Maria Volontè.

Fantastichini amava ricordare Porte Aperte come il suo “film totem”, il film per eccellenza nella sua carriera di attore, quello che aveva segnato uno spartiacque tra un prima e un dopo. Avendo intrapreso la carriera recitativa molto presto, a soli 15 anni, Fantastichini era cresciuto sul palcoscenico, aveva prestato la sua adolescenza all’arte, e uno dei momenti più importanti della sua vita fu la visione di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, pellicola grazie alla quale maturò la sua eclatante ammirazione per Gian Maria Volontè e decise di voler seguire le orme di quel mito da lui consacrato. Quando Amelio lo chiamò a recitare la parte del pluriomicida Tommaso Scalia al fianco al giudice Vito di Francesco/ Volontè per Porte Aperte, fu per lui un vero regalo, quasi un segno dal cielo, perché gli veniva data la possibilità di lavorare al fianco di colui che considerava l’attore in assoluto con la “A” maiuscola.

Eppure durante la lavorazione del film Volontè a stento salutava Fantastichini. Come Ennio stesso ricorda in una intervista mentre lui era molto eccitato dall’idea di incontrare il suo mito durante le riprese, Volontè non lo degnava di alcuna considerazione. Poi a film finito Fantastichini fu chiamato a casa dell’attore, che finalmente lo abbracciò e gli disse “adesso possiamo diventare amici prima eravamo antagonisti nel film e questo non era possibile”. In quell’esatto momento Fantastichini comprese quanto il risultato del suo lavoro fosse ottenuto quasi per induzione attraverso i comportamenti apparentemente scontrosi di Volontè. Questo aneddoto veniva ricordato da Ennio come uno dei grandi insegnamenti che il cinema gli aveva regalato soprattutto dal momento in cui, come attore, aveva sempre cercato fino ad allora di mantenere il controllo di quel limite sottile tra l’interpretare un personaggio ed esserlo. Con Volontè girò pure Una storia semplice di Emidio Greco nel 1991, ultima apparizione cinematografica del maestro, sempre tratta da un romanzo di Leonardo Sciascia.

Molti titoli della sua filmografia si incastonano nelle carriere dei suoi registi come piccole perle da non dimenticare, che nel cinema italiano degli anni ’90 e primi 2000, in crisi, segnavano un appiglio alla vecchia scuola del cinema d’autore: La stazione di Sergio Rubini (1990), La vera vita di Antonio H (1994) di Enzo Monteleone, ispirato alla vita di Alessandro Haber e caratterizzato dai camei di star del cinema nei panni di se stessi (Bernardo Bertolucci, Ennio Fantastichini, Massimo Ghini, Nanni Loy, Marcello Mastroianni, Mario Monicelli), Ferie d’agosto (1996) di Paolo Virzì con la memorabile e ancora attuale scena del contrasto da tifoseria tra “fascisti e comunisti”, tra la coppia ignorante, arraffona e piaciona di Fantastichini e Piero Natoli alle prese con i moralismi egalitari e le insoddisfazioni degli intelletualoidi di sinistra Silvio Orlando e Laura Morante. Fino all’incontro con Ferzan Özpetek nel 2007 per Saturno Contro, in cui veste i panni di un gay un po’ avanti con gli anni che si interroga sul senso dell’amore e delle relazioni, e poi ancora nel 2010 per Mine Vaganti, che gli regala il secondo Nastro d’argento al migliore attore non protagonista e anche il David di Donatello. Nel 2012 e 2013 con Ciliegine La mossa del pinguino tiene a battesimo le due opere prime rispettivamente di Laura Morante e di Claudio Amendola, riconfermandosi come attore di grande generosità con i suoi colleghi. Fra le sue ultime interpretazioni ricordiamo inoltre Una famiglia (2017), il bellissimo film di Sebastiano Riso in cui Fantastichini torna a vestire i panni dell’omosessuale in cerca stavolta di una paternità a tutti i costi e al di là dei limiti della legge italiana sulle adozioni; e infine la mini serie “ibrida” in due puntate Fabrizio De André: Principe libero con la regia di Luca Facchini (2018) che gli regala un ultimo considerevole cammeo nei panni di padre severo, ma onnipresente ed amatissimo del cantautore genovese.

Il primo dicembre Ennio Fantastichini ci ha lasciati stroncato da una leucemia a soli 63 anni ma, come ha ricordato suo figlio Lorenzo nel discorso di addio recitato nella camera ardente allestita alla Casa del Cinema di Roma Ha abitato la battaglia e i suoi terremoti è stato una mina vagante e ora ci brilla addosso come un diamante pazzo”. In effetti lui stesso dichiarava al giornalista Andrea Pancani su La7 solo un anno fa Io spero di diventare più saggio e generoso da vecchio, non amo i vecchi pieni di rabbia e di rancore cerco di andare su una via più zen”. Saggio e generoso di sicuro, purtroppo non vecchio.

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