Una banda mariachi ha introdotto ieri sera in Piazza Maggiore la prima proiezione del Cinema Ritrovato sulle note di grandi classici della tradizione latina come Besame Mucho, La bamba, Guantanamera e Malaguena Salerosa, il brano reso celebre nel mondo proprio grazie ad una scena di Enamorada in cui il generale Reyes (Armendàriz) chiede perdono a Beatriz (Maria Félix con una serenata in pieno stile mariachi).

La presentazione della pellicola restaurata da Ucla Film & Television Archive e The Film Foundation’s è affidata al suo mentore, Martin Scorsese, che come primo atto del suo intervento dedica un accorato ricordo al regista e amico Peter Von Bagh, tra gli ideatori del Festival. Specificando: “Da tanti anni mi sarebbe piaciuto presenziare al Cinema Ritrovato, ma ero sempre impegnato sul set di qualche film…è quindi entusiasmante poter celebrare con voi oggi questo festival del cinema del passato, ma anche del presente e del futuro con un film bellissimo come Enamorada di E. Fernández, che è un classico del cinema messicano e mondiale, ed è un tributo all’amore ed alle difficoltà che si devono affrontare per raggiungerlo”. A proposito del regista, Scorsese cita il celebre aneddoto secondo il quale Fernández, fuggito dal Messico in rivoluzione, si rifugiò a Los Angeles dove si unì ad una compagnia di attori messicani tra cui Dolores Del Rio, sposata con il celebre scenografo Cedric Gibbons, che alla fine degli anni ‘20 ebbe il compito di progettare la statuetta degli Oscar. Scorsese ricorda che a posare come modello per la statuetta fu proprio Emilio “El Indio” Fernández, all’epoca molto attivo come attore e simbolo di beltà latina sia in Messico che ad Hollywood, partecipando a film come Il mucchio selvaggio e Billy the kid.

Fernández, che in prima persona aveva partecipato alla rivoluzione messicana (1917) ed era stato in prigionia, ambienta Enamorada in quello stesso frangente storico, producendo una pellicola che diverrà il simbolo dell’epoca d’oro del cinema messicano nel mondo. La trama melodrammatica di Enamorada è illustrata dalla fotografia di Gabriel Figueroa, che predilige immagini pittoresche di panorami con una profondità di fuoco riecheggiante quella dell’incompiuto Qué viva Mexico! di Ejzenstejn. Il film si apre con una carrellata dichiaratamente western che galoppa al ritmo della rivoluzione messicana: bombe e rivoluzionari a cavallo scorrono per introdurci nel contesto della storia. Un contesto che con il western ha in comune anche una certa visione romantica della frontiera (qui la città di Cholula) intesa come ideale di libertà e di speranza di riscatto per i più deboli e poveri.

La presentazione dei personaggi avviene in modo più classico: il rivoluzionario è ritratto nei termini dell’eroe che “ruba ai ricchi per dare ai poveri” e che dedica tutta la sua esistenza alla restaurazione del principio di giustizia sociale, dimenticando in questo di pensare a se stesso ed alla possibilità di un amore. Quasi subito l’intreccio però ci fa sapere che José non è mai stato innamorato. La sua figura è caratterizzata dai tratti marcatamente messicani di Armendariz, dal sopracciglio inarcato all’insù e dalla falda del suo sombrero che nei primi piani occupa almeno la metà dello schermo.

Allo stesso modo Beatriz (Maria Félix, lanciata proprio da questa pellicola) appare da subito immortalata da un mezzo primo piano che ne esalta lo sguardo fiero, gli occhi neri sgranati, in contrasto con la veste bianca, e il petto gonfio di rabbioso coraggio. La sua bellezza è in netto contrasto con il carattere da Bisbetica domata, opera alla quale sono palesi i riferimenti del film: Beatriz non incarna un ideale di donna svenevole e sottomessa, ma piuttosto quello a sua volta “rivoluzionario” di donna con la pistola, poco obbediente ai canoni prestabiliti della sua condizione sociale e dallo schiaffo facile. Queste peculiarità del personaggio e il corto circuito che si innesca negli incontri con José/Armendariz, prestano il fianco alla disseminazione nel film di numerose gag di radice screwball comedy in cui la donna prende a schiaffi, legnate insulti il suo pretendente, incredibilmente disarmato di fronte all’esplosione del suo amore per lei. Esplosione resa visibile concretamente dalla scena dei fuochi di artificio, che scoppiando lo mandano letteralmente con il sedere per aria e in totale confusione d’amore, anch’essa denunciata dal dettaglio sonoro degli uccellini che cinguettano sulla testa del generale ad ogni suo risveglio da una botta o una caduta dovuta a Beatriz.

La commistione dei generi è un marchio di fabbrica per l’accoppiata Fernández/Figueroa che grazie al successo delle loro pellicole ebbero il merito di rendere visibile nel mondo il cinema messicano. Tutt’ora Fernández è considerato uno dei massimi esponenti dell’epoca d’oro, ricordato per una filmografia dallo stampo folclorico e indigeno, e vincitore nel 1946 della Palma d’Oro a Cannes con il suo Maria Candelaria(interpretato dalla Del Rio). La fotografia di Figueroa ha invece il grande merito, come scriveva Mereghetti nel suo dizionario “di fissare figure ed elementi decorativi (qui i templi di Cholula dall’ evidente valore metaforico) con una ieraticità ed una nitidezza estetica che trasformano il cinema in fotografia in movimento”.

Ed è proprio il fattore religioso, nel personaggio di Padre Sierrita (Fernando Fernandez) ad intervenire in Enamorada per mediare e ricomporre il corto circuito innescato tra la matrice rivoluzionaria di José/Armendariz e quella proto-femminista, ma allo stesso tempo classista di Beatriz/Felix. Il ritmo mariachi della rivoluzione verrà placato dalle note liturgiche dell’Ave Maria di Schubert, che risuonano sui dettagli sfarzosi della chiesa di Cholula e sui primi piani del sacerdote in un’estasi quasi mistica. Estasi interrotta dalle incursioni di un umano turbamento dovuto alla bellezza irresistibile di Beatriz, o alla sua “erotica” descrizione, come nella celebre scena in cui il rivoluzionario dichiara il suo amore per la donna all’amico sacerdote, descrivendone dettagliatamente la carnale bellezza.

Di questa fiera beltà resta schiavo dunque il prode rivoluzionario, che allo stesso tempo riuscirà a domarla grazie alla sua magnanimità. Il film si chiude con un finale che riecheggia in qualche misura l’epopea del cinema muto, perchè a dirci che la protagonista ha ceduto all’amore non saranno parole nè dichiarazioni esplicite, ma le immagini di Beatriz che fugge dal matrimonio con il suo promesso allo scoppiar delle bombe che minacciano la vita del generale, per raggiungerlo ed affiancarlo nella fuga dalla città. Lui maestoso al galoppo del suo destriero e a marciargli di fianco, a piedi, la sua nuova conquista.