Saviano e la potenza della scrittura

foto-3“Nessun timore di essere calpestato/ calpestata l’erba diventa sentiero.” dalla poesia Erba di Blaga Dimitrova , 1974 

Con queste parole Roberto Saviano ha chiuso stamattina la sua ora di lezione nell’Aula Magna di Santa Lucia, il cuore pulsante dell’Accademia bolognese.

Davanti ad una folla gremita di studenti, probabilmente per la maggior parte studenti della Scuola di Lettere e filosofia, promotrice dell’incontro, i futuri scrittori, giornalisti, professori delle generazioni a venire, coloro ai quali è affidato il racconto della complessità del mondo… e di complessità e giudizio ci ha parlato lo scrittore in un’orazione costruita così sapientemente e in un modo così maturo e magistrale, da non lasciare spazio a distrazione o sbadigli, come di solito può avvenire durante le cosiddette lezioni frontali. Saviano è stato capace di catturare l’attenzione del suo pubblico dalla prima all’ultima parola, strappando non pochi applausi e non solo alla fine.

Nel contesto della presentazione del suo ultimo libro, La paranza dei bambini (Ed. Feltrinelli), ha costruito un discorso sul tema Il Racconto del reale – La narrazione del Potere tra il web e la strada. Il punto di partenza è stata la sua diretta osservazione della campagna elettorale presidenziale USA, osservazione che ha lasciato l’amaro in bocca anche a causa del suo risultato inaspettato. Passando attraverso la constatazione del fatto che un flusso ininterrotto di informazioni ci inonda come una alluvione quotidiana lasciandoci del tutto incapaci di discernere, tra le mille informazioni ricevute, quelle “potabili” , Roberto insinua nel suo pubblico l’idea che in questo magma indistinto e predigerito “un grande conforto può essere la conoscenza, al posto della negazione”, e la capacità di “farsi un’idea, popria sulle cose”. “Dove sta andando un certo tipo di comunicazione”, ci domandiamo con Saviano? Se è vero, come ricorda, che la parola è già azione, secondo la morale dell’autenticità di J.P. Sartre, non dobbiamo mai dimenticare che i grandi gruppi criminali non hanno paura di chi scrive, ma piuttosto di chi legge. E qui Roberto restituisce piena dignità ai lettori tentando di cercare sempre più alleati nella sua lotta personale contro il negazionismo criminale della MAFIA. Ciò che conta, sembra dire, non è che io continui a scrivere, ma che ci sia una platea di gente in buona fede che continui a leggermi, per non lasciarmi solo. E ricorda che il giudice Falcone morì proprio quando rimase solo, quando una bomba non scoppiata sotto la sua casa fu “spacciata” per un falso attentato messo in scena da lui stesso per ingannare i suoi detrattori, perchè sembrava così assurdo che “la Camorra potesse commettere dei simili errori”. Il narratore riflette sui fatti, collegando eventi apparentemente scollegati e avvenuti in parti diverse del mondo, ma l’evidenza raccolta è una: c’è un minimo comun denominatore a fare da collante fra le più disparate realtà, tra l’America di Trump, i talebani dell’Isis (narcotrafficanti piuttosto che soldati di Allah) e gli adolescenti “paranza” di Scampia, la tipologia di comunicazione, i valori veicolati dalle loro azioni, valori appartenenti alla deriva di un capitalismo che ci sta inghiottendo tutti nel suo nulla: cash e immagine (di sè), distorta.

“Quando leggete, quando scegliete una storia, state già cambiando tutto”  nel flusso perpetuo delle news sulle nostre bacheche, nelle pagine dei quotidiani, ogni evento di cronaca non ha più di 2 al massimo tre giorni di vita. Ma se siamo noi a scegliere di seguire una storia, noi , i lettori, possiamo restituire ad ogni fatto la dignità di vita reale che gli appartiene. E possiamo rubare i suoi connotati all’oblio della rete o della carta straccia. Certo ogni scrittore, ogni onesto cittadino tra quelli che in passato hanno scelto di raccontare una storia scomoda, hanno poi disgraziatamente dovuto pagare un prezzo altissimo per la loro scelta di dire la verità, e qui si sprecano gli esempi e le storie di vite spezzate da morti repentine e ingiuste a partire da Giacomo Matteotti, che accusò di brogli elettorali il Fascismo, pagando con la vita, passando per il brutale assassinio della blogger Nena de Laredo in Mexico decapitata dal Cartello degli Zetas per aver raccontato (ed essere stata letta da milioni di persone) il narcotraffico in Messico, fino ai prigionieri dei gulag, rinnegati dalle loro famiglie per aver sacrificato le loro vite all’amor di verità e al giudice Falcone, abbandonato a se stesso solo contro tutti, costretto suo malgrado a riscattare la propria credibilità con la morte:in questo Paese l’unico modo per essere credibili è essere ammazzati?”.

Saviano , velatamente, vuole dirci di no. Vuole regalarci una speranza, anche se tra le righe di racconti noir, racconti di delinquenza, ignoranza morte , racconti di vita di “ragazzini guizzanti come pesci” che sparano i loro primi vagiti di indipendenza a suon di pistole semiautomatiche e AK-47, mirando al cuore di ignari spettatori delle loro vite gettate via per il mito del denaro e dell’essere “fighi” come Briatore, come Trump… la speranza che Roberto tenta di restituirci è che un mondo migliore sia possibile, dopotutto, grazie ad una semplice azione, la lettura. Perchè la lettura genera cultura e la cultura, come recitava un vecchio motto, resta “l’unica droga che crea indipendenza” e rende liberi.

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