Manuel è l’opera prima di Dario Albertini, un film completamente “suo” da soggetto a sceneggiatura, musiche e regia. Un’opera che ci parla del suo autore presentandocelo come regista (oltreché artista poliedrico, musicista, fotografo) fortemente affascinato dalle realtà più disagiate, periferiche, abbandonate (quasi pasoliniane). Girato nella periferia romana tra Civitavecchia e Tarquinia, pensato come classico cinema di pedinamento (costantemente incollato alla nuca del protagonista per carpirne pensieri, non detti, sentimenti profondi), Manuel è un film che scorre al ritmo del respiro del suo protagonista. Un respiro reso a tratti affannoso e ansimante dal peso delle responsabilità o frenato e sonnolento per via di una vita ancora alla ricerca del bandolo della sua matassa.

Manuel (Andrea Lattanzi) ha appena diciotto anni quando esce da un istituto per minori simile ad una casa famiglia (come quella de La repubblica dei ragazzi, il secondo documentario del regista) dove ha imparato le buone regole della convivenza (mettere a posto i propri effetti personali, non fumare in casa, lavare i piatti dopo cena, prendersi cura dei più piccoli) e per la prima volta assapora il gusto dolce amaro della libertà. Sua madre sconta una pena di 5 anni in carcere: vorrebbe tanto uscire e avere l’occasione di ricominciare con lui, grazie a lui. Manuel è maggiorenne, “a norma di legge” è pronto per prendersi cura di lei, farsi carico della sua vita e delle due ritrovate libertà. La mamma di Manuel (una intensissima Francesca Antonelli) potrà avere i domiciliari a patto che lui si impegni a farle da garante, trovare una casa, un lavoro e sia motivatamente convincente davanti agli assistenti sociali. E la motivazione Manuel ce l’ha ed è pure forte, vitale: “se dovrò farmi in 18 perché sta storia vada a finire bene, mi farò in 18…perché c’è una cosa più profonda ed è che lei è mia madre e io sono suo figlio e sarà così per sempre”.

Così al di là delle momentanee perdite di equilibri ancora instabili, di sbandate o incontri occasionali col Lucignolo di turno (in questo caso un “veterano” dei belli e dannati di ultima generazione Giulio Beranek) Manuel è sul pezzo e il pezzo è l’assunzione di responsabilità “Io credo di essere diverso da quelli dell’età mia, credo di essere più maturo”, e su questo non ci piove, forse perché quelli come Manuel è vero che devono fare il triplo della fatica per reinserirsi nella società, per rientrare nei binari stabiliti della cosiddetta “retta via”, sono partiti svantaggiati e così più facilmente incorrono in errori che finiranno di pagare per tutta la vita. Ma una sola è la chance che nessuno gli può negare: il libero arbitrio. Manuel sceglie di avere la testa sulle spalle, di esserci per sua madre (anche se lei non c’è stata per lui), di essere responsabile. E in questa assunzione di responsabilità Manuel trova la sua strada, (r)incardina il suo unico punto fermo: la famiglia.

Così come il regista trova il centro del suo film intorno a lui a Manuel/Lattanzi e ci costruisce tutta la pellicola, un prolungato movimento di macchina inseguendo il protagonista, un susseguirsi di primi piani, piani sequenza, carrellate movimenti dall’ampio spazio dei condomini o del verde urbano al volto del diciottenne: Manuel che cammina, Manuel che prende il bus, sale su un Ape, parla con l’avvocato, l’assistente sociale, il prete, va dalla mamma in carcere, fa le pulizie esce con gli amici si sballa (ma non troppo), rimette in sesto se stesso e la casa della mamma per il verdetto finale. Infine, quando ha assolto il suo compito, raggiunto lo scopo, ottenuto ciò che apparentemente voleva: crolla, sotto il peso di responsabilità schiaccianti. E piange.

Il finale è un pianto liberatorio (o un attacco di panico?) e l’ultimo commoventissimo primo piano di Manuel seduto sul ciglio della strada. Sulle note della colonna sonora originale del film che suonano più o meno così: “Ehi ma’ non è affatto strano che per raggiungerti dovrò correre di più/ Ora che sono qui davanti a te, ora che siamo noi, tremo”.

Leggi l’articolo anche su: www.cinefiliaritrovata.it